Musica e cervello: come la mente prevede il ritmo

Musica e cervello: come la mente prevede il ritmo

Il cervello umano ha una straordinaria capacità di prevedere i cambiamenti musicali, grazie all’attivazione di specifiche reti neurali. Questa sorprendente abilità è stata recentemente indagata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Jyväskylä, rivelando come il nostro cervello riesca non solo a comprendere, ma anche a godere della musica in modi che potremmo definire unici.

Le reti neurali e la previsione musicale

Lo studio ha coinvolto 36 adulti, sottoposti all’ascolto di brani strumentali appartenenti a generi diversi, mentre la loro attività cerebrale veniva monitorata. I risultati hanno mostrato che il cervello attiva due reti neurali distinte in risposta alla musica.

La prima, chiamata “rete uditiva precoce”, entra in azione poco prima della conclusione di una frase musicale, preparando il cervello al cambio imminente. La seconda, denominata “rete di transizione dei confini”, si attiva proprio durante e subito dopo questi cambiamenti, gestendo l’integrazione delle nuove informazioni.

Perez, uno dei ricercatori principali, ha osservato che questo spostamento dell’attività cerebrale, dalle aree uditive posteriori verso quelle anteriori della corteccia, potrebbe rappresentare il modo in cui il cervello riorganizza e aggiorna le informazioni acquisite.

Questo processo è simile a come interpretiamo e analizziamo le frasi nel linguaggio. Durante le transizioni musicali, alcune regioni cerebrali coinvolte in compiti cognitivi più complessi sembrano “spegnersi”, probabilmente per permettere al cervello di concentrarsi sull’assorbimento delle nuove informazioni sonore.

Differenze tra musicisti e non musicisti

Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca riguarda le differenze tra musicisti e non musicisti. I musicisti mostrano una maggiore attivazione delle aree cerebrali responsabili dell’elaborazione avanzata dei suoni, suggerendo una comprensione più dettagliata dei confini musicali. Al contrario, i non musicisti tendono a coinvolgere una rete cerebrale più ampia, implicando un approccio più globale e meno specializzato.

Queste scoperte potrebbero aprire nuove strade nella terapia basata sulla musica, particolarmente per le persone con difficoltà nel comprendere il linguaggio. Integrare elementi musicali nelle transizioni linguistiche potrebbe infatti aiutare a migliorare la comprensione delle frasi, offrendo nuove possibilità nel campo della riabilitazione cognitiva.