Gli squali sono stati tra i più temibili predatori degli oceani, costituendo da sempre una sfida formidabile per gli altri pesci. La loro evoluzione, però, è stata lunga e complessa, continuando a sorprenderci ancora oggi. Recentemente, alcuni paleontologi giapponesi hanno scoperto una nuova specie risalente al tardo Triassico (237-227 milioni di anni fa), denominata Parvodus ominechonensis, che mostrava caratteristiche dentali e comportamentali distintive.
Diversamente dalla maggior parte delle specie attuali, questo piccolo squalo non viveva nelle acque pelagiche, ma preferiva i fondali poco profondi delle lagune e delle coste. Qui trovava nutrimento principalmente nei molluschi che affioravano durante la notte e nei piccoli pesci.
Gli squali del genere Parvodus si adattarono così bene alle acque salmastre da spingersi successivamente anche nelle acque dolci, occupando i letti fluviali vicino agli estuari, simile a quanto avvenuto con alcune specie di delfini. Per raggiungere i fiumi, gli squali di questo genere dovettero ridurre le proprie dimensioni, estinguendosi solo alla fine del Cretaceo.
I paleontologi hanno rinvenuto i resti di questi squali, piccoli denti, nella formazione Momonoki, situata nella città di Omine-chō, nella regione di Yamaguchi. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Vertebrate Paleontology, il Parvodus ominechonensis riempie una lacuna nella documentazione stratigrafica tra le specie del Triassico medio e quelle del Giurassico medio.
Gli scienziati hanno spiegato che, dopo il Triassico, il genere Parvodus è conosciuto sia da strati marini che non marini in tutta Laurasia e Sud America, fino alla sua estinzione nel Cretaceo inferiore. Questo suggerisce che questi squali potrebbero aver avuto origine in habitat di acqua dolce in una regione meridionale della Cina, diversificandosi durante il Triassico nell’odierna Asia orientale, per poi raggiungere una distribuzione globale durante il Giurassico.