I giganti del sistema solare: l’Everest non è più il re delle montagne

montagne alte
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Chi crede che il Monte Everest sia la cima più imponente di sempre potrebbe presto cambiare idea. Una nuova mappa interattiva, che svela le vette più elevate di tutto il Sistema Solare, ridimensiona la percezione delle vette terrestri, rivelandone la reale piccolezza rispetto ai colossi presenti su altri corpi celesti.

Per molto tempo, l’Everest è considerato come il simbolo dell’alpinismo estremo, rappresentando la massima sfida per chiunque desiderasse mettere alla prova la propria forza fisica e mentale. Sin dal 1953, quando Sir Edmund Hillary e Tenzing Norgay raggiunsero la sua sommità, questa montagna è stata l’emblema della lotta contro la natura. Ma, con l’avanzamento della tecnologia e una conoscenza sempre maggiore dello spazio, ci siamo imbattuti in sfide ben più maestose… su altri pianeti e asteroidi.

L’ultima mappa interattiva che mette in evidenza le cime più alte del Sistema Solare offre un confronto che lascia a bocca aperta. Nonostante l’Everest si erga per ben 8.848 metri, sembra minuscolo accanto a giganti come la montagna Rheasilvia, che si trova sull’asteroide Vesta, e l’Olympus Mons su Marte, in entrambi i casi di proporzioni straordinarie.

Rheasilvia, ad esempio, raggiunge un’altezza impressionante di 22.500 metri. Questa montagna non è situata su un pianeta, ma su Vesta, un asteroide che costituisce circa il 9% della massa totale degli asteroidi conosciuti. Vesta, situato nella fascia principale degli asteroidi tra Marte e Giove, è un corpo celeste affascinante, e Rheasilvia è il risultato di un impatto gigantesco che ha creato un cratere occupante il 90% della superficie dell’asteroide. La maestosità di Rheasilvia, con un’altitudine tripla rispetto all’Everest, potrebbe scoraggiare anche l’esploratore più audace.

Al secondo posto troviamo l’Olympus Mons su Marte. Questo vulcano a scudo non solo è la vetta più alta del “pianeta rosso”, ma è anche il vulcano più imponente di tutto il Sistema Solare. Con i suoi 21.945 metri sopra il Mars Global Datum (equivalente marziano del livello del mare), l’Olympus Mons supera di gran lunga l’Everest, rendendo quest’ultimo quasi insignificante.

Ma ciò che rende l’Olympus Mons ancora più straordinario è la sua estensione: il vulcano copre una superficie simile a quella della Francia. La sua pendenza dolce e il diametro di circa 600 chilometri ne fanno una struttura geologica enorme, visibile anche da grandi distanze nello spazio.

Nonostante la sua grandezza, l’Olympus Mons non rappresenta una minaccia imminente per i futuri esploratori di Marte. Si pensa che il vulcano sia dormiente da almeno 25 milioni di anni. Pertanto, i pionieri dello spazio dovranno affrontare la sfida fisica di scalare una montagna di proporzioni epiche, senza però temere eruzioni violente. Ma la distanza e la gravità ridotta su Marte aggiungono un livello di difficoltà sconosciuto agli alpinisti terrestri.

Questi giganti spaziali offrono anche nuove prospettive sulle forze che hanno un ruolo importante nel modellamento dei corpi celesti. Sul nostro pianeta le montagne si formano soprattutto con l’erosione e i movimenti delle placche tettoniche, ma questo non vale per altri corpi celesti: su altri pianeti possono essere il risultato di impatti catastrofici, come nel caso di Rheasilvia, o di vulcanismo prolungato, come con l’Olympus Mons.

Esplorare queste formazioni ci aiuterà a comprendere meglio la storia geologica di altri corpi celesti e le condizioni ambientali che potremmo incontrare quando l’esplorazione spaziale diventerà una realtà.

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